Federica

Pescara, 28 giugno 2014

Quando ho scoperto di essere incinta ero felicissima; il mio primo figlio!

Dire che toccavo il cielo con un dito era poco… mi preparavo a quel lieto evento con gioia, senza considerare alcuna possibilità negativa. All’orizzonte c’era un sole giallo e sorridente. Facevo le mie ecografie tranquillamente ma quel giorno no; prima di entrare sentii un brivido gelido, un chiaro presentimento che qualcosa non stava andando per il verso giusto.

Non sono mai stata una che da molta retta a queste cose, quindi non ci feci caso. Era il 24 aprile del 2007. Onfalocele.

A quel tempo non riuscivo nemmeno a pronunciare questa parola. La dottoressa me la buttò lì, tra un discorso ed un altro, ma io non riuscivo a capire, pensavo solo che stava succedendo a me, ed a mia figlia.

Non ci fu appello; la parete addominale non si era chiusa e sicuramente c’erano altre patologie a questa collegate. Dovevo solo abortire, per sicurezza, mi disse lei, non c’erano altre possibilità. Ma siccome sono un po’ testarda,, decisi che non mi sarei fermatalì, e dopo giorni di totale sconforto, pensai di rivolgermi altrove.

In realtà, le possibilità c’erano!

Io e Fabio fummo ben consigliati di rivolgerci all’ospedale “Gemelli”, a Roma, dove iniziammo una lunga serie di controlli. Ricordo ancora l’espressione del dottore con cui parlammo, che guardandomi mi disse: “l’aborto non è mai una soluzione, questo figlio ha bisogno del vostro amore ancora di più”.

Credo che Federica sia “staa concepita” lì una seconda volta, perchè è nata in noi la consapevolezza che nostra figlia aveva bisogno di noi, e ce lo stava chiedendo.

Ogni mese eravamo lì, a conoscere qualcosa in più della nostra piccola Federica… l’ansia cresceva, come la nostra gioia.
Al quarto mese, mi sono sottoposta all’amniocentesi: tutto regolare. In realtà la sindrome di Beckwith-Wiedemann non viene analizzata in questo tipo di esame. Sapevamo solo di dover operare Federica alla nascita per richiudere la parete addominare (erano fuori il fegato, parte dell’intestino e anse addominali). Tutto era stabilito, il parto fissato il 17 ottobre (ho detto che non sono superstiziosa e poi sono nata anch’io il 17), gli accordi con il chirurgo presi.

Ma si sa, l’uomo propone, Dio dispone. Nulla andò per il verso giusto. Iniziai i dolori alle 2 di notte del 23 settembre. Volammo a Roma, eravamo lì alle 4, al pronto soccorso del Gemelli; alle 10.05 del 24 settembre nacque Federica con taglio cesreo, per salvaguardare l’onfalocele. Federica nasce alla trentacinquesima settimana, i suoi polmoni non sono proprio pronti; viene di corsa intubata, trasferita in terapia intensiva ed operata alle ore 16.00 dello stesso giorno.

La vedo un attimo solo, appena nata, è avvolta nel telo verde, si vede solo il suo visino e la sua linguetta che non riesce a stare dentro la bocca, in seguito capimmo che era la macroglossia dovuta alla sindrome. Sembra così calma, tranquilla, totalmente indifferente a tutto il trambusto che ruota intorno a lei. Vorrei stringerla a me, come a darle coraggio, perche la sua strada in salita è appena cominciata. Quell’immagine mi è bastata per tutto il giorno, è servita a dare a me la forza di attendere e pregare.

La rivedo il giorno dopo, tutta intubata e legata, non è la bimba che ho visto il giorno prima. I suoi polmoni non vanno, bisogna ancora attendere e pregare.

Ma ecco che arriva un’altra notizia: si sospetta una sindrome di iperaccrescimento, la sindrome di B….eccc nooooooooooo!!

La stessa sensazione di freddo provata alla notizia dell’onfalocele, la paura che nostra figlia non sia normale, la voglia di dire no, non voglio. Aspettiamo due giorni per parlare con il pediatra che ci segue ancora oggi, che con grande precisione e cura ci spiega come si manifesta questa sindrome e cosa comporta. Ci ha spiegato la strada che avremmo dovuto percorrere, assicurandoci la sua presenza ed il suo aiuto; così è stato, il dottor Zampino è sempre accanto a noi, ci consiglia per il bene di Federica perchè vuole bene a Federica prima di tutto.

Sono passati 7 anni, abbiamo sofferto ma anche gioito, abbiamo fatto incontri che hanno cambiato la nostra vita, siamo stati aiutati ed abbiamo aiutato. L’incontro con l’associazione è stato, per noi, un passaggio fondamentale, dove è possibile condividere i problemi e le esperienze. Non rimpiangiamo nulla, siamo contenti di aver avuto Federica proprio così, con la sua sindrome che è parte di lei, che è lei, e questo noi lo abbiamo accettato con serenità. Abbiamo voluto un altro figlio subito dopo, non volevamo che questa storia ci abbattesse.

Adesso, quando li guardiamo giocare, non pensiamo che siano diversi; pensiamo che la diversità sia solo neglio occhidi chi guarda. E’ questo il regalo che ci ha fatto Federica.

 

La mamma